Geschichte. storia

Die Schreibmaschine im Werbeplakat

Schreibmaschine und Plakatkunst sind Kinder derselben Zeit. Beide profitierten von den technischen Neuerungen des 19. Jahrhunderts. Und beide entsprangen dem Bedürfnis, einen bis dahin individuellen und begrenzt rezipierten Gestaltungsprozess durch Mechanisierung und Multiplikation zu demokratisieren. In Massenauflage gefertigt, kommunizierten sie Massenware bzw. ermöglichten ihrerseits die massenhafte Anfertigung von Kommunikationsgut. Beide Medien schufen neue Zugänge für bisher unberücksichtigte Gesellschaftsschichten: das grafische Plakat dem allgemeinen Volk einen Zugang zur Kunst, die Schreibmaschine den Frauen einen Zugang zur Arbeitswelt.
Zunächst orientiert an der konventionellen Kunst bzw. Typografie, entwickelten das gedruckte Plakat und der ›druckende‹ Schreibapparat bald ihr eigenes Wertesystem der Gestaltung und Verarbeitung von Information – schnell, mobil und prägnant. Anders als Malerei und Kalligrafie standen sie in keinerlei Tradition. Man erachtete sie als kulturlos, laut und aufdringlich. Der Siegeszug der beiden war gleichwohl unaufhaltsam. Ab 1870 revolutionierte der Pariser Lithograf Jules Chéret mit seinen Farbplakaten die Kunst- und Werbewelt. 1874 wurde mit der ersten von E. Remington & Sons produzierten Schreibmaschine ›Type-Writer‹ (Sholes and Glidden) ein neues Kommunikationszeitalter eingeläutet. Hundert Jahre lang blieben Plakat und mechanisches Schreibgerät Weggefährten und entwickelten sich stets innovativ und am Puls der Zeit weiter.
Das Reklameplakat ist präsent geblieben, während die Schreibmaschine unseren Alltag inzwischen verlassen hat. Als Teil unseres kollektiven Gedächtnisses beschäftigt und inspiriert sie noch heute und findet in Rahmen dieses PosterBlogs erneut ihren Auftritt.

La macchina da scrivere nel manifesto pubblicitario

Macchina dattilografica e cartellonistica sono figlie della stessa epoca. Entrambe hanno beneficiato dei progressi della tecnica del XIX secolo. Ed entrambe sono scaturite dall’esigenza di democratizzare, attraverso un’opera di meccanizzazione e moltiplicazione, un processo creativo fino a quel momento individuale e recepito limitatamente. Realizzate in grandi quantità, ›parlavano‹ di merce prodotta su vasta scala o – rispettivamente – permettevano la produzione di massa di materiali di comunicazione. Entrambi i mezzi crearono poi nuove possibilità di accesso per categorie sociali fino a quel momento trascurate: il manifesto grafico un accesso all’arte per la popolazione comune, la macchina da scrivere un accesso al mondo del lavoro per le donne.
Dapprima ispirati all’arte o alla tipografia convenzionali, il manifesto stampato e l’apparecchio ›stampante‹ svilupparono ben presto un loro precipuo sistema valoriale di organizzazione ed elaborazione delle informazioni – veloce, mobile e pregnante. A differenza della pittura e della calligrafia non si inserivano nel solco di alcuna tradizione. Li si considerava prodotti rozzi, chiassosi e invadenti. Ma la loro marcia trionfale era inarrestabile. Dal 1870 il litografo parigino Jules Chéret rivoluzionò con i suoi manifesti colorati il mondo dell’arte e della pubblicità. Nel 1874 la prima macchina dattilografica ›Type-Writer‹ (Sholes and Glidden) prodotta da E. Remington & Sons annunciò l’inizio di una nuova epoca della comunicazione. Per cent’anni questi prodotti furono compagni di viaggio, evolvendo sempre in senso innovativo e al passo coi tempi.
Oggi il cartellone pubblicitario è ancora presente, mentre la macchina da scrivere non fa più parte della nostra vita quotidiana. In quanto parte della nostra memoria collettiva, continua a occupare la mente e ispirare, trovando in questo PosterBlog un nuovo palcoscenico.